Storia

Muravera ed il Belgio

Le storie, quelle piccole e quotidiane, si spingono spesso lontanissime, inaspettate. E che il Sarrabus, di cui Muravera è la «capitale», avesse dei forti legami con il Belgio e con il Congo, che del Belgio era una colonia sino al 1960, nessuno se lo sarebbe mai aspettato. È una storia, allora, fatta di imprenditori agricoli, di coloni, abituati a vivere in zone selvagge e complicate dell'Africa e che erano sbarcati in Sardegna, quando il Congo ottenne la propria indipendenza. In quel momento l'orizzonte per i colonizzatori si fece buio per le violenze razziali e se ne andarono quasi tutti. 

Un centinaio di loro scelse proprio il Sarrabus, dando vita ad aziende agricole modello, fatte di grandi estensioni, colture non «convenzionali», grandi prospettive. Ma anche di amicizie, racconti, leggende. Ed una perfetta integrazione da agricoltori in un mondo di agricoltori. 

Jacques Piefbeuf, un agronomo, appunto, in uno dei suoi viaggi in Europa aveva visitato la Sardegna, che aveva studiato nella cartina, ed aveva scelto il Sarrabus quale zona per ripartire. Non gli mancava esperienza, soldi, quelli guadagnati a fare l'agricoltore. «Agrumi» disse, un'idea che piace molto agli amministratori locali e regionali, che l'aiutano a far prendere il volo alla sua azienda. E così bene seppe interpretare la coltivazione che gli agrumi sono diventati, anche per merito suo, uno dei cardini economici di Muravera e del Sarrabus. Dietro a Piefbeuf, che era un leader, arrivarono un centinaio di suoi connazionali ex «congolesi», con l'obiettivo anche per loro di mettere su aziende agricole modello. 

Sembrava una presenza in crescita ma alla fine degli anni Novanta, l'azienda del «capostipite» aveva iniziato ad incontrare difficoltà nonostante che fosse una piantagione modello: troppa la concorrenza da parte degli altri paesi dell'area degli agrumi. Insomma s'è visto un ridimensionamento consistente. 

Ma altri belgi, forse conoscenti gli uni gli altri, chissà, erano arrivato nello stesso posto, nel Sarrabus, sempre negli anni Sessanta, quando sulla Sardegna si accese il «faro» dell'Aga Khan e della sua Costa Smeralda. Per chi aveva disponibilità di capitali non era un problema l'acquisto di terreni bellissimi ed incontaminati: a loro, ai belgi della seconda ondata, va il merito di aver costruito e poi lanciato Costa Rey. Chi ebbe l'idea e la capacità di realizzare lo stacco turistico fu Guido Van Alphen, belga, ovviamente, che fece delle grandi operazioni immobiliari soprattutto nel comune di Muravera, unitamente ad un manipolo di connazionali, che l'aiutarono nella sua azione. 

L'evoluzione economica delle iniziative ha subito varie alternanze, al punto che oggi i cittadini di Re Filippo del Belgio sono solo qualche decina, alcuni di loro sono ancora attivi nel mondo del turismo, nei resort e negli agriturismo di Muravera, ma soprattutto nell'agricoltura, che è stata sempre la loro passione.

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