Storia

Francesca Sanna Sulis, una precorritrice dell'emancipazione femminile

Impiantò coltivazioni, seterie, esportò in tutta Europa. E tante manifestazioni sorgono in suo ricordo

Era nativa di Muravera (Cagliari, Costa Sud-Est della Sardegna) l'illuminata e avanguardia dell'imprenditoria femminile italiana, Donna Francesca Sanna Sulis, così lungimirante da impiantare, nel 700, i gelseti necessari per l'allevamento dei bachi da seta ed avviare la relativa coltivazione. Era anche molto abile, attenta ai dettagli come quello di impiantare il gelseto a favore del vento d'oriente, caldo, che faceva schiudere i bozzoli un mese prima, sì da avere un vantaggio sui suoi concorrenti. Bachi, allora, e poi sete, belle affascinanti, piene di motivi tradizionali e d'avanguardia, ricercatissime in tutta Europa.

Manco a dirlo, l'ossatura dell'azienda di Francesca Sanna Sulis era composto da donne, che riuscivano ad integrare così il reddito famigliare, spandendo ricchezza, del lavoro in tutto il Sarrabus. Esportava a piene mani, arrivando a sostenere con la sua qualità, anche i precursori del Made in Italy, quelli che vendevano moda come la casa Giulini di Milano, che confezionava anche per lo Zar di Russia abiti disegnati dalla donna Francesca.

Che dire: non se ne trovano tante donne così, per la verità nemmeno uomini, donne innamorate della propria terra e che voleva combattere la condizione di sudditanza del suo genere. Francesca Sanna era molto ricca e poté permettersi di fondare una scuola di formazione, frequentata solo da ragazze, che venivano istradate verso un mestiere molto richiesto e dal quale potevano trarre un'emancipazione completa. L'idea di regalare un telaio a fine corso voleva solo spingere le ragazze, le donne, a continuare quel lavoro anche quando si erano sposate.

Era ricca, s'è detto, e a sue spese poté far studiare le bella cifra di centotrentasette donne, dodici delle quali si laureeranno in medicina; molte di loro, spinte dallo spirito filantropico di Donna Francesca, hanno operato quasi gratuitamente nel territorio.

Era ricca ma alla sua morte donò tutto quello che aveva al Comune perché si prendesse carico dell'analfabetismo delle persone meno abbienti. Non stupisce allora, che Muravera abbia realizzato un piccolo museo, il MIF, Museo dell'Imprenditorialità Femminile, per ricordare una grande donna, una che precorse i tempi, lasciando un segno indelebile nel mondo della Sardegna e non solo.

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